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Come iniziare un post dedicato al capitolo 1000 di una storia che si segue da circa 20 anni? Guardare indietro fa quasi spavento, ai tempi non avrei mai immaginato che tutto ciò avrebbe fatto ancora compagnia così tanto in là nel futuro. Immagino sia una sensazione comune, è un traguardo raro che ha come ulteriore boost l’essere condiviso con altri appassionati 
Sgombriamo subito l’elefante dalla stanza, non c’è stato il plot twistone e Oda opta per tutta un’altra filosofia, ovvero un collegamento già dal titolo al capitolo che ha dato inizio al viaggio: la pietra miliare della storia è una semplice e bellissima celebrazione del protagonista che ribadisce il suo obiettivo e manda a terra non un boss di fine saga qualsiasi ma colui che viene dipinto come il vertice di potenza del manga. Lungi dall’essere sconfitto ovviamente, ma se ci pensiamo questa tavola sarebbe stata impensabile anche soltanto 100 capitoli fa. Il capitolo 1000 è quindi il simbolico e definitivo ingresso di Rufy nei super big del mondo, a sottolineare la strada compiuta nei 999 capitoli precedenti. E ne ha fatti di progressi per arrivare a ciò, ogni piccolo step conquistato con fatica e molteplici rischi di morte qui e là. Questo Rufy rispetto a quello del capitolo 1 è un mostro irriconoscibile, vale per tutti gli shonen ma fa comunque il suo effetto nonostante fosse scritto che andasse così. Un plauso anche agli altri due compari, chi l’avrebbe detto ai tempi che il trio di Sabaody si sarebbe ritrovato uguale ma contro due imperatori anni dopo.
Il dialogo poi tra Ace e Yamato richiede forse più attenzione del dovuto, sembrano chiacchiere buttate lì ma possono invece rappresentare la chicca, meno “in your face” rispetto a esplicitare in modo roboante uno dei vari misteri del manga in sospeso. Chi sono Ace e Yamato in quel momento? Rispettivamente un personaggio che ha accesso al passato di Rufy ed un altro invece consapevole dei trascorsi di Roger. Una volta di più vengono accostate queste due figure, lontane tra loro nel tempo ma evidentemente non nello spirito, al punto che entrambe dissero una certa cosa comune soltanto a loro due.
Facciamo un piccolo riepilogo di diversi tasselli del puzzle:
- Capitolo 506, mini flashback su Shanks che dice a Rayleigh di esser rimasto impressionato da Rufy perché ha ripetuto le stesse parole del capitano Roger. Tutti quanti abbiamo dato per scontato che si riferisse al “diventerò il re dei pirati”;
- Capitolo 585, Rufy, Ace e Sabo parlano dei loro sogni da raggiungere. Ace e Sabo parlano normalmente, quando tocca a Rufy c’è un veloce offscreen e si vede la reazione successiva di risate degli altri due. Anche lì abbiamo pensato la stessa cosa del capitolo 506, per quanto fosse un po’ bislacco lasciare una frase teoricamente risaputa offscreen;
- Capitolo 966, Roger illustra il piano per arrivare a Laughtale e diventare la più grande ciurma di sempre, per poi dire “e io diventerei..” con successivo offscreen e risate degli altri esattamente come nel 585. Anche qui tutto lascia supporre che la frase nascosta sia la solita,ma a questo punto si inizia a vacillare. Perché non mostrarla esplicitamente in ben due occasioni rese apposta uguali tra loro? Ma ok, fino a questo momento rimane comunque overthinking;
- Capitolo 1000, Ace svela a Yamato la cosa detta da Rufy, di nuovo senza dirla esplicitamente a noi lettori, e Yamato ci informa che Roger disse lo stesso. Ennesimo offscreen, in un capitolo simbolico come questo che mette tutti i riflettori sul protagonista. Nella pagina finale viene esplicitato da Rufy il mantra del “diventerò il re dei pirati”, potrebbe essere un modo per farci capire che la frase sia semplicemente quella (rasoio di occam docet)oppure è un metodo per sviare, lo scopriremo col tempo.
Per cui, in definitiva, pacchi di fanservice e preludio alla resa dei conti che tuttora ha un esito imperscrutabile. I foderi al momento hanno dato e vengono messi da parte ma credo che torneranno in occasione di eventuali colpi finali, se diamo credito alla profezia di Toki. Staremo a vedere, intanto un brindisi per l’achievement collettivo per il quale un domani si potrà dire “io c’ero”
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